martedì 31 luglio 2012

Matrimonio e verginità - Don Divo Barsotti

 



Dobbiamo sempre procurare di entrare nel mistero che celebriamo con tutta la nostra vita. Che cos'è questo mistero che ci ha attratto a sé, ci ha fatti suoi ed esige ora il dono di tutta la nostra vita? Non è l'esercizio delle virtù, non è la legge, ma un rapporto di amore.

Dio si è fatto uomo e, dopo la sua risurrezione egli non ha più lasciato la terra.

Vivere, per noi vuol dire vivere un rapporto con lui. Il Dio tutto santo, il Dio inaccessibile, si è fatto nostro compagno di via. Per noi si tratta di vivere questa consapevolezza che tutta la realtà umana e mondana, tutta si riassume nella presenza segreta, ma reale del figlio di Dio, che si è fatto uno di noi, per fare che noi siamo una cosa sola con lui.

Devo parlare della castità, piuttosto della verginità consacrata. Che cos'è questa verginità?

Non si trova nella legge divina, non è grave peccato non essere vergini. Che valore ha, che cosa vuol dirci, perché è tanto apprezzata e celebrata nella Chiesa di Dio? La cosa mi sembra che sia molto semplice: creati da Dio, noi abbiamo un solo fine da raggiungere. Il fine da raggiungere da parte dell'uomo non è la pace delle nazioni, non è la promozione umana, è Dio.

Senza Dio, tutti i valori cadono, tutti i valori scadono, perdono il loro valore, il loro peso, la loro necessità. Che cos'è la vita cristiana? È la presenza di Lui, una presenza nella quale noi dobbiamo fare posto al Signore. In che modo noi possiamo prepararci ad accogliere Dio? L'uomo è stato creato e, creato, egli ha avuto come fine di raggiungere Dio. Però,di fatto, egli ha peccato. Il peccato dell'uomo ha fatto sì che l'uomo sia disgregato in se stesso. Non è più l'unione dell'uomo con Dio, non è più l'unione dell'uom o con gli uomini, non è più neppure l'unione dell'uomo con se stesso. Tutto è disgregato e disciolto. L'uomo segue la forza dell'istinto, che può essere l'istinto dell'orgoglio, o l'istinto della sensualità. L'uomo che è anima e corpo, può essere attratto ugualmente dai valori del corpo, come dai valori dell'anima e l'attrazione non toglie il fatto che, seguendo l'una o l'altra di queste vie, l'uomo continua a peccare. L'uomo non soltanto vive nel peccato, ma accresce la sua lontananza da Dio. Come è possibile che l'uomo possa di nuovo ristabilire quella unità che il peccato ha distrutto? La sensualità umana pretende tutto per sé, ma nella misura che la sensualità ha un impero su di noi, invece di creare unità, spezza ancora di più l'uomo, fa sì che lo spirito e il corpo rimangano totalmente non solo divisi, ma in opposizione tra loro. Come è pos sibile raggiungere l'unità? Certamente non per la sensualità, ma per lo spirito. Lo spirito può dominare la carne, la carne invece porta con sé nella rovina anche lo spirito. È dunque un processo di castità che può ristabilire l'unità dell'uomo. Per questo la verginità consacrata è un grande mistero, come dicevo prima, non è una legge, non è un comandamento divino, è soltanto la via perché si ristabilisca una unità che il peccato ha distrutto. Senza questa unità l'uomo non può essere salvo, perché l'uomo è esattamente quell'essere nel quale anima e corpo sono uno: un solo uomo. Questa unità veramente paradossale del corpo e dello spirito, esige però che lo spirito domini il corpo, che lo spirito non sia schiavo degl' istinti corporali. Di qui ne deriva la necessità di un processo di purificazione e poi di trasfigur azione dell'umano. Si deve giungere a tanto che non solo lo spirito domini il corpo, ma lo spirito, dominato da Dio, possa portare l'uomo sempre più all'intimità col Signore. Con la verginità noi in qualche modo anticipiamo anche il fine ultimo, perché liberandoci da ogni istinto egoistico, l'anima si apre naturalmente alla carità, che ci unisce a Dio. Prima di tutto dunque la verginità è un grande mistero, un mistero per il quale, l'uomo, distrutto dal male, viene ricomposto, attraverso la grazia dello spirito, in una unità, nella quale l'uomo come obbedisce a Dio, così il corpo obbedisce allo spirito. Ma non è soltanto questo. La verginità è qualche cosa di molto più profondo e vero. Non soltanto la verginità non è una legge, ma si può dire anzi che la legge si identifica al matrimonio. È strano, eppure è così. Nell' antico testamento non si ristabilisce l'unità umana, si cerca soltanto la sanità dell'uomo. Per noi cristiani non basta la perfezione della nostra natura; il fine dell'uomo è di tendere a Dio, l’uomo deve superare ogni natura creata, tutto quello che è creato. Ma se veramente l'uomo, prima di tutto, deve ristabilire la sanità dell'essere suo, la sanità dell'essere suo implica la visione di una perfezione naturale che l'uomo raggiunge soltanto con l'unione nuziale. L'uomo vero non è il giovane e non è il vecchio: è l'uomo. L'uomo che, unito alla donna, porta il suo frutto, come un albero. Allora veramente è cresciuto quando comincia a fare i suoi frutti, così anche l'uomo: non è uomo fintanto che, nell'unione con la donna non dona i suoi frutti, che sono i figli. Nella paternità e nella maternità è veramente il frutto più maturo della natura umana. Senza raggiungere questo natura, l'uomo non solo non si salva, ma veramente mette in pericolo la sua stessa salvezza, perché di fatto, il superamento della natura non può avvenire che attraverso la natura medesima. Cioè bisogna prima di tutto che l'uomo si risani nella sua unità corporale e psichica e spirituale. Allora poi può veramente realizzare anche il superamento della natura attraverso la verginità. Ma siccome il superamento della natura non avviene nell'Antico testamento, l'Antico testamento celebra il matrimonio.

Prima di tutto nella Genesi, nel libro dei Proverbi, nel Siracide, nel Profeta Malachia, la verginità non è veduta come una esigenza fondamentale della vita umana, perché sul piano naturale questa maturità è dell’uomo sposato. Non si vive per noi stessi. Per non vivere per noi stessi si impone il matrimonio, perché nel matrimonio, si impara ad amare.

Ordinariamente per la massima parte degli uomini il cammino che porta all'amore passa attraverso il matrimonio. Il matrimonio obbliga l'uomo ad uscire da sé: il padre deve pensare ai figli, la madre deve pensare ai figli, il marito deve pensare alla moglie, la moglie al marito. L'uomo non si chiude in se stesso può vivere il matrimonio in quanto supera l'egoismo, l'amor proprio, l'orgoglio di sé.

Di qui ne deriva l'importanza del matrimonio nella religione. ....

Di qui dicevo anche il fatto che il libro dei proverbi soprattutto e anche il libro di Malachia, come anche il libro del Siracide, esaltano il matrimonio come perfezione ultima dell'uomo.

Di fatto se non ci fosse qualche cosa che trascende la natura certamente il matrimonio sarebbe una delle più grandi realizzazioni compiute dalla grazia divina. E noi lo sappiamo oggi tempo in cui la famiglia è veramente in pericolo, è in crisi. La crisi della famiglia è la crisi stessa della Chiesa, perché la verginità è un dono più grande del matrimonio, ma è di pochi.

Pochi sono gli uomini che vivono già nella vita terrena il superamento della vita naturale per vivere soltanto alle dipendenze dello Spirito di Dio. C'è questa verginità e ci deve essere, perché noi viviamo già l'ultim a età, non c'è un altro passaggio da fare, c'è soltanto il passaggio da compiere da quello che è invisibile a quello che è visibile, ma la realtà già è presente nella realtà che è propria dei santi.

Noi siamo concittadini dei santi viviamo già nel mistero di questa unione con Dio che ci ha fatto una sola cosa con Cristo. Per questo, mentre sul piano della vita naturale, per quanto riguarda l'antica alleanza, il matrimonio è un grandissimo valore, per noi, che Dio ha chiamato a vivere una più grande intimità col Signore e ad essere nel mondo i testimoni di questa presenza divina, per noi si impone invece la verginità. La verginità implica questo trasferimento dell'uomo nel mondo divino. Non si tratta di vivere ora una perfezione della natura, si tratta di superare la natura in tal modo che si faccia presente in noi e visibile in qualche modo in noi, la divina pres enza. Mi sembra che questo sia il compito della verginità consacrata. Siamo il sacramento di una presenza di Dio che, attraverso di noi deve risplendere, deve in qualche modo manifestarsi al mondo. C'è una manifestazione del Cristo, alla fine dei tempi, ma c'è una manifestazione del Cristo anche nel tempo: sono le apparizioni di Gesù risorto; sono anche, se volete, le apparizioni della Madonna, queste apparizioni nelle quali non cambia nulla in Dio, non cambia nulla nella Vergine, cambiano gli occhi. Gli occhi che prima non vedevano Dio, perché non avevano la capacità di captare questa luce infinita, ora, mediante la verginità, si fanno capaci di accogliere la luce, di tramandarla e di manifestarla anche al di fuori.

Così il vergine rimane il testimone di una divina presenza.

Quello che noi viviamo in rapporto all'Eucaristia è sempre una vita di fede, perché noi crediam o alla presenza reale, ma nulla ci indica, se la fede non ci insegna, che quel segno è il segno della presenza divina. Invece il vergine no, il vergine non è più soltanto una semplice "ostia di pasta cotta", è veramente una continuazione dell'umanità del Cristo.

Siamo tutti un solo Cristo, ma per essere un solo Cristo, dobbiamo essere cristiani, cioè viventi la nostra partecipazione al mistero del Cristo, sia nel corpo che nello spirito. Di qui ne deriva che veramente il vergine è un'apparizione costante della presenza divina nel mondo. La necessità della verginità consacrata nasce di qui. Non possiamo noi opporre il cielo di domani alla terra di oggi; il mondo è uno solo, non ci sono due mondi. Il mondo è uno solo, ma per noi che non viviamo ancora una nostra trasfigurazione umana, il mondo divino rimane nascosto, lo crediamo, ma rimane nascosto. Ma il vergine in qualche modo lo rivel a. La rivelazione che fa il vergine della presenza divina è necessaria alla Chiesa, perché altrimenti sembra che noi annunciamo soltanto delle verità che non hanno nessuna possibilità di controllo. Noi abbiamo la possibilità di controllo, un'anima che si dona Dio fino in fondo, senza misura senza riserve. Si noti bene che proprio per questo il vero primo comandamento di Dio è l'amore di Dio. L'amore del prossimo ha sempre una misura, se non altro la misura è la legge divina.

Non si può andare contro la legge divina per un amore umano.

Non si può andare contro la volontà divina per seguire una via che può essere anche il servizio del prossimo con maggiori frutti. L'obbedienza a Dio precede qualunque altra cosa.

Nell'amore di Dio non c'è misura, come dice San Bernardo " sine modo ". Amare Dio vuol dire amare senza misura. Ed è in questo "senza misura" che veramente si fa presente il mondo di Dio, perché è il mondo creato è tutto fatto con misura, come dice il libro della Sapienza, ma la vita divina non è fatta su misura, se è la vita di Dio, nel cuore dell'uomo.

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Un'altra cosa che dobbiamo dire a proposito della verginità è anche questa: che la verginità è stata sempre concepita in rapporto alla vita religiosa. Una verginità che non sia la verginità consacrata a Dio, è una cosa che va contro l'uomo. Non si può accettare, non si deve accettare per questo, dicevo prima, io ho sempre predicato che le zitelle e gli scapoli non vanno in Paradiso, perché sono chiusi in se stessi, non vivono l'amore.

Ora l'unica legge che ci porta a Dio è sempre l'amore ed è vero anche questo che ordinariamente si supera l'egoismo umano, che è frutto del peccato, solo nel matrimonio. Il matrimonio chiede il sacrificio, chiede il sacrificio di badare al bambino di essere sempre disponibile al marito. Si chiede di trascendere noi stessi, esige che noi superiamo quell'egoismo naturale, e istintivo che nasce in noi dal peccato. Di qui ne deriva che la verginità è la realizzazione religiosa della vita umana. Di più non è una semplice realizzazione, è il vero matrimonio. Non so se avete mai letto un capitolo al quale io tengo molto del mio libro Il Signore è uno; il capitolo è intitolato "Dal matrimonio alla verginità". Spesso noi vediamo la verginità come qualche cosa che precede il matrimonio, non è vero nulla, se voi non siete sposati, non siete nemmeno vergini.

Sarete vergini magari, ma non cristiane. Per essere vergini cristiane dovete essere le spose del Cristo. Ricordate quello che dice la Liturgia: Veni sponsa Christi accipe coronam.

È la vergine che è sposa del Cristo.

All'unione matrimoniale che, però viene spezzata col tempo, (si dice che il matrimonio è indissolubile, ma io ho sempre visto che muore prima l'uno o l'altro, tutti e due insieme nel medesimo atto non muoiono); rimane sempre una duplice vita, invece no: nella vergine è una sola cosa con Cristo. È veramente indissolubile questo legame, perché è con la morte invece di rompersi il legame, come avviene nell'unione matrimoniale, si conferma e si consuma. Se lei vorrà vivere una perfetta comunione con Dio bisogna che muoia, non c'è nulla da fare, deve amare la morte come il cammino necessario per lei di giunge re alla pienezza dell'amore.

Di qui ne deriva, vedete, come la verginità è legata alla morte. La morte non è l'atto supremo che è la fine di tutto, è l'atto supremo della vita, l'atto supremo dal quale dipende il frutto di tutto il bene. Al contrario, dunque, di essere la morte, come dire, un cappio, un male, è veramente il dono più grande che Dio ci può fare, perché se lei vuole sposare, vuole rimandare soltanto per tutta l'eternità la sua consumazione di amore col figlio di Dio? No deve viverlo ora! Di qui il fatto che lei si è consacrata a Dio nei Voti di povertà, castità e obbedienza, che sembra già la morte. Non è la morte, è la pienezza della vita. Non è la morte, è la presenza stessa di questa unione che ormai rimane eterna. Perché lei può uscire dal Paradiso, ma il Paradiso rimane. Noi possiamo uscire dal Paradiso, ma siamo già nel Paradiso.

L'atto nel quale noi siamo stati battezzati, implica di per sé un passo, lo dice san Cirillo di Gerusalemme, voi che siete monaci di Gerusalemme, lo dovreste sapere. Dice: Il passo che fa il sacerdote per andare al battistero e battezzare il bambino è il ritorno dell'uomo nel paradiso di Dio, perché dopo il peccato Adamo ed Eva furono cacciati dal paradiso terrestre e Dio mise due angeli, i Cherubini, con le spade fiammanti, per impedire che l'uomo, gli uomini potessero rientrare nel paradiso. Ma ora il Paradiso è aperto, non ci sono più porte. Dice Santa Caterina di Genova ma lo dice anche l'Apocalisse: Non ci sono più porte e noi siamo già entrati. Se siamo stati battezzati, siamo già figli di Dio. Se siamo figli di Dio il Figlio di Dio non può essere senza il Padre. L'unità del Padre del Figlio è assoluta, non si può dividere il Padre dal Figlio perché & egrave; uno solo. Non si può dividere nemmeno da lei, di cui non conosco il nome, non si può dividere nemmeno lei da Gesù, sono uno solo: un solo corpo e un solo spirito. Non termina così la preghiera eucaristica terza: "Un solo corpo, non solo un solo spirito, non è vero". Non si tratta soltanto della salvezza dell'anima, si tratta della salvezza dell'uomo e tu sarai salvo se sarai un solo corpo con Cristo Gesù, se sarai un solo spirito con Cristo Gesù. Un solo corpo col Cristo, che cosa vuol dire? È semplice! Vuol dire che tutto quello che è anche corporale non sarà perduto, perché noi non possiamo pensare che, domani, non saremo più uomini, anzi la nostra umanità sarà perfetta, più perfetta ancora di quello che non è oggi. Ma questa perfezione, come dicevo prima, esige non solo la salvezza dell'anima, ma anche la salvezza del nostro corpo. Non per nulla il mister o cristiano non termina che con la risurrezione di Gesù; e la risurrezione di Gesù, voi lo sapete: si fa toccare, mangia, vuol dire che è veramente un uomo. Così anche la verginità consacrata implica, al termine, questa unità del corpo e dello spirito con Cristo Gesù.

Che cos'è dunque la verginità consacrata? È il mistero di questa unità dell'amore:

non è unità di natura, noi non siamo per questo un solo Dio.

Un solo Dio è il Padre il Figlio e lo Spirito Santo.

Noi non siamo questo solo Dio, ma siamo in Dio, per vivere in Cristo che è figlio di Dio, l'unità anche poi con le Persone Divine.

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Noi tante volte diciamo di credere, ma poi all'atto secondo non abbiamo una fede così viva da vivere costantemente questo contatto con la presenza reale di Gesù che non è una presenza soltanto di attiguità: io sono qui, lui è qui, no, no! La presenza di intimità, di unione, è l'unità dell'amore, come diceva Guglielmo di San Teodorico

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Il Sacramento del matrimonio non è estraneo alla verginità ne tanto meno si oppone alla verginità consacrata .

Se nostro Signore ci dice che nella vita futura l’uomo non sarà sposato di fatto ci insegna che il matrimonio in qualche misura anticipa profeticamente il destino ultimo dell’uomo redento. Non è dalla verginità che si procede verso il matrimonio, ma piuttosto, dal matrimonio, verso la verginità. La solitudine non è della verginità, ma lo è la comunione con Dio. La verginità è il segno dell’amore personale dell’uomo con Dio. Il mistero della verginità, così, si identifica in qualche modo al mistero stesso del Cristo: al mistero di un’alleanza che non lega più l’uomo alla donna, ma ogni uomo a Cristo Gesù. Quest’unione soltanto è indissolubile. In questa unione il Cristo Si dona tutto ad ogni anima verginale e ogni anima verginale, non più divisa, tutta si dona a Cristo, suo Sposo. È infatti nella verginità che S.P aolo riconosce il carisma di un amore perfetto, di un amore totale. Si comprende così l’insistenza dei Padri della Chiesa nel celebrare la verginità. Oggi può sembrare eccessiva questa celebrazione, soprattutto in Gregorio di Nissa e in S. Ambrogio, ma la difficoltà di capire nasce soltanto dalla nostra incapacità di accettare pienamente la visione che ci dà la fede. Anche per quanto riguarda Colei che fra tutte le creature è per eccellenza la Vergine, è necessario capire l’insistenza di tutta la teologia nel celebrare in Maria SS. la verginità feconda: in Lei più che in tutte le altre creature ha trovato il suo compimento il mistero dell’Alleanza. Nella verginità di Maria tutta la Chiesa contempla il mistero della più eccelsa santità. Essa è l’“unica”, la “colomba perfetta” (cf. Ct). Non si dovrebbe mai separare la maternità di M aria dalla Sua verginità, perché è dal dono che Ella ha fatto di Sé a Dio, nella Sua verginità, che è divenuta Madre di Dio e anche di tutti i fedeli.



don Divo Barsotti

 

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